Oggi si parla molto di violenza contro le donne e del tentativo di prevenire o arginare questo fenomeno.
Cosa vuol dire violenza e che relazione ha con l'aggressività?
La psicologia sociale e dei gruppi distingue nettamente questi due termini. L'aggressività (dal latino adgredior; andare verso) è considerato un modo per incontrare l'altro attraverso uno scambio dove si cerca di influenzare l'interlocutore mantenendosi però a propria volta disponibili a cambiare.
La violenza al contrario è cieca. L'origine della parola latina deriva da vis, forza e rappresenta lo scagliarsi contro qualcosa che non è più visto come un soggetto, ma un oggetto che si possiede, si può manipolare e distruggere (E. Spaltro, 1993).
Se l'aggressività è relazionale e presenta degli aspetti positivi, la violenza presuppone il prendere le distanze e l'interrompere ogni rapporto sociale, considerando l'altro come qualcosa di assolutamente differente da sé.
Ne deriva che l'antidoto alla violenza è la comunicazione, l'interazione e lo scambio tra le diversità.
La donna prima di essere vittima è resa oggetto, de-umanizzata.
Come si riesce a raggiungere questo? Come può il maschile e femminile risultare così distante da non riuscire a comunicare? L'identità di genere non è purtroppo ancora eccessivamente ancorata a rigidi stereotipi?
Oggi la letteratura incita i professionisti a coinvolgere i giovani e le scuole a ragionare sul tema in modo da permettere ai ragazzi una relazione inter-genere basata sull'esperienza nel gruppo classe. Un lavorare che si fonda sulla relazione e sul confronto in modo da permettere alle donne e agli uomini del futuro di costruire un'identità libera da aspettative, stereotipi e apprendimenti familiari.
Articolo scritto dalla Dott.ssa Giulia Seppi
per il progetto "Psicologi e Mass Media"
pubblicato sul quotidiano Alto Adige il 07.01.2017