Chi non ha mai provato la sensazione di arrossamento del viso in alcune situazioni sociali o di tachicardia prima di un colloquio? Queste sono delle classiche manifestazioni corporee connesse alle emozioni. Le emozioni non sono altro che meccanismi disponibili all'organismo per adattarsi alle continue sollecitazioni ambientali e implicano l’integrazione di vari sistemi psicologici e fisiologici che si attivano quando le persone percepiscono che gli eventi ambientali sono per loro rilevanti (Frijda, 1988; Lazarus, 1991). Esistono delle emozioni primarie e universali cioè riscontrabili in popolazioni diverse come rabbia, paura, gioia, tristezza, sorpresa e disgusto ed emozioni secondarie, che nascono dalla combinazione di quelle primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale. Esempi sono gelosia, invidia, perdono e nostalgia.
L'intelligenza emotiva, ovvero la capacità di comprendere e di gestire le proprie ed altrui emozioni, è una competenza fondamentale per l’adattamento sociale e relazionale di ogni essere umano. Rappresenta un’abilità primaria che ci consente di sviluppare strategie di coping per fronteggiare le difficoltà e per stabilire buone relazioni sociali.
Le neuroscienze spiegano come tale educazione si formi attraverso un processo di appendimento per osmosi: i bambini sentono quello che i genitori sentono e imparano ciò che vedono e ciò che vivono (Pellai, 2016).
Una buona educazione emotiva è una sorta di prevenzione al disagio psicologico grazie al riconoscimento delle emozioni e di ciò che le ha suscitate. Favorisce, inoltre, reazioni emotive equilibrate e funzionali. L’obiettivo finale è aiutare la persona a gestire le emozioni senza lasciarsi sopraffare da queste.
Articolo scritto dalla Dottoressa Alessia Corazza
per il progetto "Psicologi e Mass Media"
pubblicato sul quotidiano Alto adige il 20.05.2017
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