La genitorialità soprattutto, ma anche l’essere figli, fratelli e il far parte di una coppia, sono le relazioni più intime, potenti, naturali e complesse dell’esistenza e, in quanto tali, sono le più esposte alle turbolenze dei legami affettivi.
Queste turbolenze sono un insieme di emozioni, alcune consapevoli e altre inconsce, con caratteristiche spesso opposte tra loro (amore e odio per esempio).
Chissà perché poi le persone con cui ci arrabbiamo di più sono anche quelle a cui spesso vogliamo più bene!I motivi possono essere tanti e diversi: ci può essere la difficoltà a vedere l’altro come separato e diverso da sé. Lo si tratta male come si fa con noi stessi.
Oppure può esserci la ripetizione di vecchie modalità relazionali e automatismi imparati da bambini che riemergono anche quando uno non se l’aspetta (il picchiare perché si è stati picchiati, per esempio) o la proiezione dei fantasmi del passato che ci hanno fatto soffrire (...lui/lei non mi ascolta come mia madre!).
Sembra molto difficile accogliere consapevolmente questa complessità emotiva, riconoscendo anche i pensieri ostili.Dietro all’ostilità, alla rabbia in genere c’è paura, dolore o stanchezza, ma è fondamentale riuscire a riconoscere ed esprimere le emozioni spiacevoli, così da evitare di doverle espellere attraverso gesti e azioni, spesso violenti.
Riconoscere l’altra faccia della medaglia dell’amore verso un familiare fa sì che questi vissuti possano essere considerati per quello che sono: pensieri e non azioni!
In questa società, dove il messaggio è volere=potere, spesso si fa fatica a riconoscere la differenza tra il pensiero e l’azione, come se fossimo tutti onnipotenti.Ma in queste condizioni ogni pensiero negativo viene considerato violenza e questo produrrà enormi sensi di colpa, che renderanno ancora più difficile la situazione.
Riconoscere, legittimare e capire i nostri pensieri ostili, che naturalmente possono emergere in una relazione molto intima, è la garanzia migliore affinché un pensiero resti solo un pensiero e come tale innocuo, anzi spesso liberatorio!
Articolo scritto dalla Dottoressa Giulia Seppi
per il progetto "Psicologi e Mass Media"
pubblicato sul quotidiano Alto Adige il 17.06.2017
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